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sabato 21 marzo 2015

Il ritorno della Madonna del Carmine (Masci "la Soca" Caldiero)


Alcune parole per dar ragione di un’esperienza vissuta. Lo scoutismo imposta le “imprese” seguendo le fasi della progettazione, dell’attuazione e della verifica. Nella fase della verifica finale, nella fase della riflessione sul vissuto, c’è tutto lo spazio del racconto di quello che è accaduto. L’evento è stato il ritorno a Caldiero dell’immagine della Madonna del Carmine dopo un’assenza di circa due anni. Aveva bisogno di un restauro. Il gruppo Masci La Soca si è fatto promotore di questa iniziativa. Questo evento si colloca all’interno dell’impegno pluriennale che il gruppo sta portando avanti per la preservazione e la valorizzazione dell’antica chiesetta di San Pietro in Colle. È l’attenzione alla città, ai suoi valori, alle tradizioni che ne costituiscono la ricchezza e l’originalità. Attenzione significativa in questo tempo di globalizzazione che tende ad uniformare ogni cosa facendone perdere il valore. Il restauro dell’immagine della Madonna con il bambino è stata preceduta dalla sistemazione degli altoparlanti e dall’illuminazione. Ben altro e più consistente dovrà essere l’impegno,
di energie e finanziario, per il recupero e il restauro necessario alla struttura muraria dell’intera chiesetta. E qui il Masci riconosce la sua pochezza e la sua inadeguatezza affidando il lavoro fin qui svolto a tutta la comunità perché qualcun altro – con mezzi economici adeguati – si faccia carico di quest’altra parte dell’“impresa”. In un certo senso noi siamo contenti di poterci ritenere un segno e un richiamo a tutto il paese. Ora è necessario che altri si prendano a cuore. Se si ha a cuore la salvaguardia di un bene tanto caro e antico.

Una riflessione sul significato dell’immagine per il paese di Caldiero inteso come comunità umana (il paese dal punto di vista amministrativo, ovvero il comune) e di fede (la parrocchia o le parrocchie che ne fanno parte). L’immagine della Madonna del Carmine (o Carmelo) richiama le nostre origini: le radici che affondano in una storia che ha attraversato i secoli permettendo ci di essere quello che siamo. Noi siamo i figli di questo passato. Il fatto che certe tradizioni, certe devozioni e anche certe immagini siano preservate con cura è il segno di una volontà di identificarci con questo passato. Quando si perde una tradizione è molto difficile (per non dire impossibile) riuscire a recuperarla di nuovo. È anche vero (ed è una riflessione da fare) che sempre meno gente oggi si ritrova nei segni identificativi di questo passato. Segno di un mondo globalizzato, multietnico, consumista, in continuo movimento, in cui si è continuamente portati a spezzare, o per lo meno a dimenticare, i legami con il proprio passato, magari con la sfida di costruirne di nuovi. L’accoglienza dell’immagine della Madonna del Carmelo restaurata ha voluto dire, almeno per un giorno, aprire nuovamente la porta a questo passato, a questa storia che ci ha preceduto. 

È un simbolo del passato rimesso a nuovo, reso più bello. Facendo questo non possiamo, però, non accogliere un’altra sfida, ben più impegnativa: il fatto che Caldiero (come tutti i paesi e le città che lo circondano)non è più lo stesso di trent’anni e neppure di quindici anni fa’. In fondo la processione - a cui, a detta di tutti, ha partecipato un discreto numero di persone - non può essere paragonata neppure lontanamente con le processioni di un tempo, a cui partecipava in massa l’intera cittadinanza del paese. Un tempo i valori e i simboli della comunità ecclesiale erano fatti propri, senza problema alcuno, dalla maggior parte dei componenti della società civile. Ora le cose non stanno più così. Si è detto che ha partecipato anche troppa gente considerando il fatto che la Messa e la processione a San Pietro in Colle si sono svolte di domenica pomeriggio. Ma il pomeriggio della domenica era il momento più libero e disponibile che c’era. Il problema è che ormai la maggior parte della gente ha altri santuari da frequentare, altre immagini a cui fare riferimento. La dimensione del sacro e del devozionale sono dimensioni di cui la gente ha sempre avuto bisogno per esprimere il proprio rapporto con Dio, il proprio senso religioso della vita. Ora questo senso religioso, dove non è ancora scomparso, si esprime attraverso altri simboli, altre immagini. 


Non è più riconducibile esclusivamente agli spazi e alle attività delle nostre comunità. È comunque importante che l’immagine della Madonna sia ritornata. È importante che possa essere fatta conoscere e valorizzata ancora per non perdere di vista le nostre radici - le radici dove è piantata anche la nostra “soca” – ma tenendo conto e aprendoci alle sfide che i nostri tempi ci presentano. Chi scrive è arrivato da poco a Caldiero e non ha trovato alcuna difficoltà ad inserirsi e ad essere accolto. Ma quante persone vivono dentro i confini amministrativi del nostro paese senza sentirsene in alcun modo parte? Mi sembra che la sfida vada in questo senso: non si può volgersi semplicemente al passato. “Chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto al regno di Dio” (Lc 9,62). Occorre, pure, guardare avanti, al futuro. E il futuro è fatto di integrazione, di incontro tra razze e popoli diversi. È fatto della necessità di saper accogliere chi è diverso e di saper dialogare con lui. Questi sono i segnali del mondo nuovo e tutto da costruire, verso il quale siamo incamminati. Una riflessione ora sul senso dell’evento dal punto di vista della dimensione comunitaria. È emerso a livello di verifica del gruppo masci. Ci sono eventi che dovrebbero coinvolgere la totalità della parrocchia nella sua realtà di comunione. Ci sono eventi della vita parrocchiale e dell’itinerario dell’anno liturgico a cui tutti (gruppi e singoli) dovrebbero farsi carico di partecipare. Eventi a cui nessuno dovrebbe mancare perché esprimono i valori più importanti in cui tutta la comunità si identifica. Eventi che dovrebbero attrarre ogni persona e ogni gruppo. Eventi che dovrebbero essere anteposti ad ogni altro impegno e iniziativa. 


La festa della Comunità, per esempio, o l’inizio e la fine dell’anno pastorale, oppure, a vari livelli, la festa del Patrono. E c’è stata questo evento della celebrazione dell’avvenuto restauro della Madonna del Carmelo a cui è stata invitata tutta la comunità. È stata preparata un po’ in fretta. Si poteva fare di più nel modo di articolare e preparare i gruppi. Forse si poteva programmare con un maggior tempo di preparazione. Pur riconoscendo con soddisfazione la riuscita dell’evento non si può non riconoscere che si poteva fare un po’ di più dal punto di vista della partecipazione e del coinvolgimento di tutti i gruppi della parrocchia. E questo per sentirci tutti riuniti attorno ad un simbolo di fede comune. Per sentire che non siamo cristiani perché facciamo parte di un gruppo o di un altro ma perché viviamo la stessa fede di tutta la comunità. Forse quella della crescita nella dimensione e nel sentire comunitario è un’altra sfida che la Madonna del Carmelo ci chiama oggi ad affrontare.


Stefano Costa

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